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La buca di Arthur

Marte, rimasto solo nell’accampamento, tolto lo spelacchiato Modellius che continua a ronfare (qualcuno si era preoccupato di avvicinarlo al fuoco ed accoccolarlo in posizione da gatto), si avvicina di qualche centimetro al fuoco. “Che freddo, e che fame.. ma dove sono tutti?”.

Arthur arriva correndo e gridando a squarcia gola “Marte dove sei ?!” grida numerose volte. Dopo poco lo vede. “Si ferito?” chiede preoccupato.

“No… tutto ma non il ragazzino” commenta Marte tra i denti.. “Preferivo morire con le bestiacce… ” aggiunge mestamente. “Ciao Arthur… che piacere vederti” commenta sarcastico. “Dove ti eri cacciato?” “Aspetta qui, vado a cercare qualcosa da mangiare, sarai affamato.” risponde il ragazzo noncurante della domanda.

L’odore del sangue raffermo gli arriva alle narici di Marte misto a quello dell’erba e della camomilla che cresce nel prato primaverile. “C’erano delle persone con me Arthur, li hai visti? E’ un po’ che sono spariti a caccia di non so quale erba medica…”

“No, ma sono sicuro che ci divertiremo tanto quando li incontrerò: sono simpatici come Altair?” scherza salterellando nel prato. “E chi ha voglia di divertirsi, ragazzino!?” replica Marte “Piuttosto… come pensi di riuscire a procacciare qualcosa se sei ancora senza arco?”

Marte è sdraiato, guarda le stelle che iniziano a farsi vedere nel cielo. L’odore della notte primaverile si fa sentire, nitido. Il calore del fuoco arriva sulla sua pelle. Lontano, un cuculo inizia a cantare. D’un tratto il fuoco si spegne per colpa di una folata di vento. “Maledizione, ora si che saranno guai senza il fuoco.” fortunatamente il sole non è ancora sceso del tutto e c’è ancora luce. Attorno al focolare la temperatura, per quanto mite, si abbassa bruscamente. Marte allunga la mano e si aggiusta il pesante mantello a mo’ di coperta. Disteso, continua a guardare le stelle, pensieroso. “Che meraviglia” dice piano.

“Ragazzino, poco fa c’era una specie di uccello ciclope, che poi è diventato un umano, che poi è stato attaccato da quei… serpentelli… dimmi, è ancora qui nel prato? Forse è morto? Che fine ha fatto?” “No qui non c’è. Spero solo che non sia morto.” “Prova a guardare bene: nemmeno delle piume? Uno strano cadavere umanoide? Un assembramento di bestiacce nere a forma di uccello?”. Arthur si guarda attorno per numerosi minuti ma non scorge alcun strano uccello ciclope-umanoide morto: il prato è sgombro. Spazientito, Marte chiede a voce alta “Hey Arthur, te ne sei andato anche tu?”. “Oh, no, ovvio!” risponde la voce giovanile.

Marte, da disteso allunga il collo per guardarsi attorno con lo sguardo “a testa in giù” per cercare di vedere lo spiazzo dietro a lui. La posizione gli crea fastidio a causa delle ferite e della scomodità. Vede Arthur che si muove lentamente nel prato. “Meglio che dormi, rimettiti in forze.” suggerisce Arthur mentre una luce, simile a una stella si fa strada nel buio del bosco. Marte non la vede perché è girato dalla parte opposta e risponde ”Si grazie Arthur, sei molto gentile, ma non avresti un pezzo di pane o qualcosa da sgranocchiare? Sai, viene difficile riposarsi a stomaco vuoto” “No purtroppo pane non ne ho, ma in tasca ho delle fragole spiaccicate se vuoi.” “Te ne sarei grato, me ne daresti una?”

La luce si avvicina, ora è a una decina di metri da Arthur alle spalle dei due. La notte incomincia a calare.”Si certo, ecco qua.” dice Arthur porgendo la fragola ormai agonizzante. D’un tratto Arthur si accorge della luce dietro cui scorge una faccia femminile brutta quanto una strega. “Grazie” dice Marte mentre cerca di afferrare la fragola ma, a causa dello spavento, la mano di Arthur la fa cadere a terra, nell’oscurità. “Accidenti Arthur, ma che ti è preso?” “Aaaaaah!” grida Arthur sopraffatto dalla paura ma ormai è troppo tardi: qualcosa gli afferra la caviglia trascinandolo in un buco nel terreno.

Marte rimane impietrito dalla paura, in ascolto, sdraiato, al freddo; il tempo passa. Nessuna voce si sente più, nemmeno quella di Arthur. Attorno solo buio, nel cielo le stelle brillano. I rumori della notte continuano a farsi udire: un cuculo continua a cantare, imperterrito con il suo canto di compagnia.

“Hey, c’è qualcuno li sopra?” grida Arthur dal buco dopo qualche minuto. “Arthur, ma dove sei!?” grida Marte dopo aver sentito la sua voce molto fioca e in lontananza. “In questo buco vicino a te!” “Sei caduto nel buco da dove uscivano quelle bestiacce?? E come hai fatto?? Mi sembrava piccolo perché ci potesse passare una persona!” “No, no stai tranquillo che ci passi: parola mia!” commenta Arthur in preda al panico. “Comunque, hai lì delle corde Marte?”

Marte, incavolato, si alza a fatica. Nell’alzarsi le ferite fanno male e lui geme. Inoltre, la temperatura è scesa e ora la sua dentiera gli ballonzola tra le mandibole per il freddo. “Vedo se riesco a tirarti fuori. Nemmeno la possibilità di stare male mi resta… ” . Si mette a carponi e, senza rispondere, segue la voce del ragazzo che si lamenta per la botta, alla ricerca del buco… “Eccolo qui il buco. Tutto ok, stai bene ragazzo o ti sei fatto male?” “Si la gamba, penso di essermela rotta.” dice melodrammaticamente prima di rendersi conto che, al contrario, ha preso solo una leggera bottarella. Nella paura del buio, Arthur avverte qualcosa che gli pizzica il piede “Ahi, che cos’era!?” strilla.

Marte strisciando pensa ad alta voce: ”Di bene in meglio, ragazzino. Ma cosa sei venuto a fare in questo mondo di mezzo? Volevi vedere come si sta a farsi male in al-di-là? Fammi vedere cosa riesco a trovare per cercare di tirarti fuori.” Si guarda intorno ma è tutto buio. Una notte senza luna. Solo il balugginio delle stelle rischiara, si fa per dire, la volta celeste.

“Quanto è profondo secondo te quel buco, Arthur?” chiede Marte. “Un paio di metri, o forse tre.” risponde la voce del ragazzo atterrita. Marte allora tenta di usare il suo mantello. “Ti mando giù il mio mantello, vedi se saltellando sulla gamba buona riesci ad afferrarlo!” dice tendendo il suo lungo mantello mentre è disteso per terra con la mano nel buio buco. “Sbrigati però che ho freddo!” “E’ troppo in alto non c’è la faccio!” “Cavoli, ci vorrebbe…” pensa Marte” ci vorrebbe una corda, ma non ce l’ho qui! Però, vediamo… sono in un bosco, ci sarà pur un ramo da qualche parte!? ” Si incammina alla cieca verso il contorno della radura cercando un ramo lungo almeno 3 metri tastando il terreno.

“Questo certamente andrà bene!” esclama soddisfatto dopo aver trovato un bel ramo secco, lungo apparentemente 3 o 4 metri. “Hey Arthur, fatti sentire con la voce che non vedo niente qui sopra, ho trovato un ramo che fa al caso tuo ma non so dov’è il buco… parlami!” “Sono sotto di te.Puoi calare il bastone? Ti prego che ho paura qui!”. Marte striscia sul terreno cercando di ritrovare il buco. “Maledizione, ma dove accidenti si è messo questo accipicchia di buco!” continua a tastare il terreno. Sente che sotto la sua mano un guscio di lumaca si fracassa. “Ops, mi scusi signora lumaca… ” continua a tastare strisciando e portandosi dietro il bastone alla ricerca del famigerato buco quando, d’un tratto, si ritrova con la faccia dentro una ragnatela. “Phuà! che schifo!” grida. No devo aver preso una direzione sbagliata. “Hey ragazzo, ma puoi continuare a parlare?? Qui non riesco a ritrovare il buco e tra un po’ finisco dritto dritto tra le fauci di un orso!” “Marte, avanti, vieni, sento dalla tua voce che non sei lontano!”

“Ah finalmente, eccolo! Tieni, afferra il legno ragazzaccio!” dice infilando il lungo ramo secco nel buco. “Preso, tira!” esclama eccitato Arthur mentre prende il bastone e con il piede destro si appoggia a una pietra vicina mentre inizia a risalire. Purtroppo però, il ramo si spezza. La caduta di Arthur non ne aggrava lo stato fisico ma, purtroppo, un pezzo di ramo se n’è andato e il lungo legno si è ora accorciato. “Ah, maledetto ramo marcio!” strilla Arthur con tono arrabbiato. “Si è rotto, Arthur? Meno male che è lungo, riproviamo: dai, te ne infilo un altro pò!” propone Marte. “Scegli meglio i tuoi legni vecchio!” interrompe Arthur. “Hey ragazzino, sono qui, ferito, al freddo, che cerco di tirarti fuori da uno dei tuoi pasticci in cui ti cacci sempre… quasi quasi mi verrebbe voglia di lasciarti lì!” dice in tono seccato. “Dai riprova!”.

“Mi sa che dovrò cavarmela da solo.” bisbiglia rancoroso Arthur. “Ti ho sentito, zuccone!” esclama Marte “Afferra questo stupido ramo prima che te lo lasci cadere sulla tua testa vuota, e prova a salire! Accipicchia!” “Preso, scusa.” dice Arthur in tono imbarazzato. Finalmente, un piede dopo l’altro, Arthur risale e dopo pochi passi è finalmente fuori pronto per sparare frasi a caso per lo schock: “Hai un po’ d’acqua? Tutto bene con la famiglia? Che freddo, eh!” “Ma sei scemo o cosa??” taglia corto Marte “Non ho niente qui!” dice tornando dolorante a sdraiarsi vicino all’uomo-gatto narcolettico.

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